Per malattia genetica si intende una malattia la cui causa è insita nel genoma dell’individuo. Le malattie genetiche possono essere ereditarie o non: nel primo caso la malattia è trasmessa dai genitori, nel secondo ha origine da alterazioni del genoma verificatesi nel corso della gametogenesi o durante lo sviluppo embrionario, ed è quindi indipendente dalle caratteristiche del genoma della madre e del padre.
Le malattie ereditarie vengono suddivise in monogeniche, poligeniche e multifattoriali.
Le malattie ereditarie monogeniche sono dovute al malfunzionamento di un singolo gene. Ne è un esempio la sensibilità all’ivermectina legata alla mutazione del gene MRD1, frequente nel cani di razza Collie. Una volta individuata la mutazione del gene responsabile di una malattia ereditaria monogenica la diagnosi è rapida e affidabile grazie alla messa a punto di opportuni test basati sull’analisi della sequenza del gene mutato: è sufficiente prelevare un campione di materiale biologico quale sangue, cellule della mucosa orale, peli, da cui estrarre il DNA da sottoporre ad analisi. In tal modo si saprà con certezza se il paziente è portatore dell’allele o degli alleli mutati di quel determinato gene, e se può quindi eventualmente trasmetterli alla propria prole. I test sul DNA possono essere eseguiti sin dalla nascita: consentono quindi una diagnosi precoce, utile sia per la cura della patologia sia per la sua eradicazione mediante accurata selezione degli individui da destinare alla riproduzione.
Le malattie ereditarie poligeniche sono dovute all’azione combinata di più geni: in base alla combinazione degli alleli dei diversi geni coinvolti la sintomatologia può essere estremamente variabile non solo tra pazienti diversi, ma anche tra il paziente, il suo genitore ed un suo discendente diretto. Il coinvolgimento di più geni in una singola patologia comporta difficoltà maggiori non solo per l’individuazione dei geni responsabili ma anche per l’elaborazione di test appropriati che consentano di riconoscere i soggetti che svilupperanno sicuramente la malattia (malati) dai soggetti che non manifesteranno la malattia ma che possono trasmetterla ai loro discendenti (portatori sani) e dai soggetti sicuramente sani.
Il punto di partenza per il controllo delle malattie ereditarie è rappresentato dal controllo genetico della parentela, vale a dire l’identificazione certa del padre e della madre del cucciolo al fine di escludere dalla riproduzione soggetti affetti da patologie ereditarie. Senza l’identificazione certa dei riproduttori tutti gli studi selettivi ed i piani di controllo volti all’eliminazione delle malattie genetiche sono infatti sicuramente destinati a fallire. Potrà sembrare paradossale, ma ad oggi studi commissionati dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI), dimostrano che in media il 7,5 % dei cuccioli esaminati non corrisponde al padre dichiarato dall’allevatore.
Il passo successivo è lo studio dell’eredità patologica. La popolazione canina mondiale annovera ad oggi oltre 350 razze, caratterizzate ognuna da un certo fenotipo, ovvero l’insieme delle caratteristiche genetiche visibili, come ad esempio il colore del mantello e degli occhi. Generalmente per selezionare un certo fenotipo “desiderato” si ricorre ad un numero estremamente ridotto di riproduttori di partenza. Tale pratica però, se da un lato consente effettivamente di standardizzare un carattere estetico ricercato, dall’altro determina una grave riduzione della variabilità genetica all’interno di ogni razza. La conseguenza più importante di questo processo è l’aumento della frequenza di caratteri indesiderati (patologie); tant’è che oggi sono numerose le malattie riscontrate con maggior frequenza in alcune razze rispetto ad altre.
Le anomalie ereditarie del cane oggi descritte in letteratura sono più di 500, e si riscontrano sia nei cani di razza sia nei meticci. Ogni anno ne vengono studiate di nuove seguendo le indicazioni di allevatori che riscontrano il ripetersi di patologie in ben identificate linee familiari: per questo motivo è necessario porre l’accento sull’importanza della specificità delle patologie nell’ambito delle singole razze e sull’esigenza di studiare gli aspetti clinici epidemiologici e genetici per ogni razza in modo da individuare le anomalie più significative prima di impostare dei programmi di profilassi genetica.
Le possibilità di controllo e prevenzione delle malattie ereditarie del cane oggi disponibili sono molte: il protocollo deve quindi necessariamente rispettare una scala di priorità, con programmi di controllo e prevenzione per le malattie a più elevato impatto, programmi di screening per altre malattie e stretta collaborazione tra tutti gli operatori.
Il successo di un piano di controllo e prevenzione dipende dalla possibilità e capacità di controllare un numero di riproduttori e di parenti statisticamente significativo per ciascuna razza, la disponibilità di un registro aperto dei dati, consultabile da tutti gli allevatori, la registrazione anche dei soggetti colpiti e non solo di quelli esenti, una corretta informazione e formazione di allevatori e veterinari.
Le malattie ereditarie del cane che richiedono oggi dei piani di controllo riguardano diverse malattie scheletriche, cardiovascolari, oculari, ematologiche e neurologiche.
Se possibile bisognerebbe anche evitare di usare come riproduttori cani con difetti di minore importanza ma comunque fastidiosi e geneticamente trasmissibili.
In tutta Europa le Associazioni dei Veterinari insistono giustamente affinché nei programmi selettivi di ciascuna razza vengano tenute in debita considerazione le patologie che possono nuocere alla salute e al benessere del cane. Anche in Italia è quindi necessario adeguarsi, tenendo presente le esperienze positive e negative di quanto è avvenuto in altri Paesi.
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